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OSSERVAZIONI AL PIANO PROV. DELLE ATTIVITA’ ESTRATTIVE (PPAE)
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Monte S. Angelo (ca. 800 m. s.l.m.) è una rilevante altura della fascia dei Preappenini, situata nel territorio comunale di Arcevia. Per chi viene dal mare lungo la S.P. “Arceviese” è subito visibile ed a 360° svetta da tutto il territorio circostante. Famosi sono i suoi panorami: dalla cima e dai suoi versanti si può scorgere il Monte Catria, S. Marino, la cupola della Basilica di Loreto, la fascia azzurra del mare. Monte S. Angelo è luogo di storia, di cultura, di tradizione, di grande valore geologico, paesaggistico ed ambientale (vedi Allegati P). Monte S. Angelo è ora oggetto pressoché per intero di un enorme bacino estrattivo.
La L.R. n. 71/97 sulle attività estrattive ha all’art. 1 come finalità di “….…disciplinare l’attività di cava……. nel quadro di una rigorosa salvaguardia dell’ambiente e del territorio, delle sue componenti fisiche, biologiche, paesaggistiche, monumentali, definite dal PPAR e dai piani di bacino …”
Finalità queste che vengono grandemente disattese dal Piano prov. delle Attività Estrattive (PPAE) , adottato con Delibera del Consiglio prov. n. 88 del 26/7/2004, attuativo della basilare norma.
Vengono quindi individuate numerose OSSERVAZIONI che si riportano di seguito.
L’attività di cava rappresenta sempre un evento traumatico per il territorio, specialmente oggi che viene effettuata a livello industriale, per grandi numeri, con grandi impegni di capitale e di tecnologia, e con basso impiego di manodopera. Lo stesso Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE) approvato con Delibera del Consiglio Regionale n. 66 del 9/04/2002 riconosce, nella Relazione Tecnico Illustrativa Generale (par. 1.5 a6), le seguenti problematiche ambientali per la nostra tipologia di cava e di materiali: - rapporti esistenti fra l’intervento estrattivo proposto e i vincoli paesaggistici ed ambientali dell’area; - frequente presenza di soprassuoli boscati in corrispondenza delle aree di intervento; - difficile compatibilità dell’intervento con il contesto paesistico-ambientale circostante; - alta visibilità dell’area di cava; - difficile attuazione degli interventi di recupero ambientale dell’area di cava; - difficoltà di attivare gli interventi di recupero contestualmente alle operazioni di coltivazione; - stabilità dei fronti di coltivazione; - interferenza fra attività estrattiva e bacini idrogeologici di ricarica di sorgenti; - difficile raccordo fra le aree limitrofe; - interferenza con ecosistemi ad elevato indice di biodiversità ove sono presenti specie rare, spesso protette, sia floristiche che faunistiche.
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OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE
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- Nella Relazione Tecnico-illustrativa Generale (elaborato b) – punto 4 si definiscono i litotipi presenti nel bacino di Monte S. Angelo (maiolica e scaglia rossa) “ …materiali di difficile reperibilità …..” quando invece sono molto diffusi nelle nostre zone come qualsiasi carta geologica può dimostrare.
Asserto confermato allo stesso punto 4, in cui si legge “…i materiali calcari costituiscono l’ossatura delle due dorsali montuose (umbro-marchigiana e marchigiana) …”. La stessa definizione originaria di “ …materiali di difficile reperibilità ...” ci giunge dal Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE) all’art. 3.3 della Relazione Tecnico-illustrativa Generale, sulla base di considerazioni superficiali che si basano sull’esclusione di zone, aree di possibile divieto, comunque non bene identificate e cartografate, per quanto riguarda i materiali del bacino di Monte S. Angelo. Infatti all’art. 3.4.1. (pag. 83) della stessa Relazione si dice che “……le aree di divieto cartografate sono solo una parte rispetto a quelle previste dall’art. 6, c. 3, della L.R. n. 71/97, pertanto le Provincie, …… dovranno verificare l’esistenza dei divieti non cartografati alla tav. 6 del PRAE “.
- Nella Relazione Tecnico-illustrativa Generale (elaborato b) – punto 6 si dice “… i perimetri dei bacini estrattivi … sono stati modellati tenendo conto della viabilità e dei principali lineamenti morfologici quali linee di crinale e corsi d’acqua”.
Si considera questo criterio del tutto insufficiente; del resto la relativa perimetrazione ha portato alle inclusioni di strade panoramiche, molte abitazioni, residenze di pregio, centri abitati quali Costa, Montefortino, Brignone, S. Giorgio, importanti attività turistico-ricettive come il noto Ristorante “La Baita”, il complesso turistico, in fase di realizzazione, appartenente al sig. Pieter Vening; lambisce frazioni molto importanti quali Valle, S. Stefano, Caudino e Palazzo, senza tener conto del conseguente impatto negativo.
- Le stesse NTA, Norme Tecniche di Attuazione, (elaborato c), sono del tutto carenti in quanto perimetrano solamente i bacini estrattivi senza indicazione dei vincoli, divieti, emergenze, disposizioni di norme statali e locali, i quali andrebbero individuati a priori per avere progetti il più rispondenti possibili.
I bacini estrattivi così definiti sono contenitori vuoti. Sarebbe stato utile almeno delimitare i giacimenti all’interno dei bacini estrattivi. Le NTA dovrebbero individuare il complesso dei vincoli che legano le aree. Non il procedimento opposto. Non è possibile rinviare quasi tutto ai progetti, presentati magari in gran numero sullo stesso bacino.
Può accadere, individuando tutte le aree con escavazioni impedite, che esse rimangano poche e frammentarie, favorendo il sorgere di micro-cave maggiormente deleterie per l’ambiente.
In effetti secondo il PRAE, il PPAE deve contenere una serie di adempimenti (elaborato c, pag. 7-8/62) fra i quali: - Definizione del sistema dei vincoli (cioè del complesso dei vincoli interagenti fra loro) - Individuazione delle aree di divieto ex art. 6.3 L.R. 71/97 - Individuazione delle aree di divieto dell’attività di cava previste dal PPAR e dai PRG adeguati ai PPAR - Iindividuazione delle aree esentate in funzione dei materiali di effettiva irreperibilità e di impossibile sostituzione - Localizzazione di siti per escavazioni con tecniche innovative - Localizzazione di impianti di lavorazione e ………, ecc. Purtroppo queste indicazioni non sono presenti nel Piano provinciale.
- Oltretutto il bacino di Monte S. Angelo non è ben perimetrato risultando differenze fra Piano regionale e Piano provinciale delle attività estrattive.
- Le imprese potrebbero ritenere idoneo cavare solamente su uno dei bacini individuati per l’estrazione della Maiolica e della Scaglia rossa; di conseguenza tutto il fabbisogno provinciale graverebbe sul bacino di Monte Rotondo o di Monte S. Angelo (essendo Castelletta e Monte delle Cone idonei per modeste quantità). Il PPAE non prevede dei meccanismi di compensazione pertanto lo scempio ambientale potrebbe essere ancora più grande.
- Nelle Norme Tecniche di Attuazione (elaborato c), all’art. 1 si dice che il PPAE è conforme al PRAE, alla L.R. 71/97, al PTC.
Il PPAE, per quanto ci riguarda, è in contrasto con le norme del Piano Territoriale di Coordinamento, (Delibera del C.P. del 17/10/2000). In particolare per quanto riguarda le Fasce della continuità naturalistica di cui al punto 2.1.0 (pag. 41 - D3/1). Infatti al punto 2.A.23 (pag. 60 – D3/1)si dice: “….il PTC ritiene perseguibile l’obbiettivo di rendere compatibili forme di sfruttamento economico delle risorse minerarie con la necessità, non derogabile, di assicurare la conservazione e la valorizzazione paesistico-ambientale del territorio…..” . Del resto lo stesso PPAE (elaborato b, pag. 10/62) nella “sintesi degli indirizzi del PTC per le attività estrattive” riporta: 1.E.1. - Recupero.
Il PTC tutela, sopra ogni altra cosa, le acque in particolare quelle dei depositi carbonatici di grande qualità. Nello stesso punto 1.E.1 (pag. 30 - D3/1) si dice “…. le acque …. dovranno essere oggetto di particolare tutela…… La Provincia è impegnata ad acquisire gli studi per la definizione dei bacini di alimentazione e delle aree di protezione di tali acquiferi……, ecc”
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OSSERVAZIONI DI CARATTERE IDROGEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO
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- Il PPAE riconosce che i materiali in oggetto “prevalentemente calcarei presentano una permeabilità alta per fessure e canali”, pertanto le attività estrattive avranno gravi ripercussioni idro-geologiche, anche per inquinamento delle falde.
L’area del Bacino di Monte S. Angelo è notoriamente ricca di sorgenti, opere di presa, impianti di acquedotti dalle quali dipende l’approvvigionamento idrico di un’area molto vasta, come mostrato, indicativamente, nell’All. A e relative foto. In particolare si evidenzia che il Monte, include al suo interno numerosi punti di captazione di risorse idriche che alimentano gran parte del territorio comunale, le Frazioni di Montefortino, Valle, Costa, S. Stefano, Palazzo, Caudino, S. Pietro, ecc. oltre ad altri comuni limitrofi. E’ anche presente una sorgente, denominata S. Anna, situata vicino alla omonima chiesetta (vedi Allegati B-B6), con notevole portata e con buone caratteristiche oligominerali, utilizzata da moltissime persone per l’uso quotidiano.
Il D.P.R. n. 236/ 88, il D.P.R. n. 152/99 e la L. n. 36/94 in materia di salvaguardia delle risorse idriche stabiliscono inconfutabili vincoli per quanto attiene alla conservazione delle risorse idriche, ed in particolar modo per quelle destinate ad uso potabile. Si evidenzia infatti che, per quanto tale aspetto sia stato considerato nella Relazione generale del Programma Provinciale (pagg. 22 , 23), la stessa non ha in alcun modo tenuto conto della presenza di opere di presa, di sorgenti, di impianti acquedottistici, delimitando aree di tutela assoluta, rispetto e protezione. Inoltre la Multiservizi SpA (Gorgovivo), nel corso delle recenti indagini di ricerca di risorse idriche da destinare al consumo umano, ha individuato nella zona del torrente San Lorenzino (loc. Agliapiana), una importante fonte di approvvigionamento (circa 13 l/sec), che risulta alimentata dal “sistema geologico delle scaglie” di Monte S. Angelo. Si osserva pertanto che, in relazione a quanto definito dalla normativa, sia Statale che Regionale, in materia di tutela delle risorse idriche, il bacino estrattivo di Monte Sant’Angelo, rappresenta una importante area di ricarica e di approvvigionamento idrico, da tutelare in modo assoluto. Addirittura il torrente che scende dal Monte alimenta due antichi mulini ad acqua, tutt’ora in funzione, ubicati nella fraz. Montefortino. Anche la loro alimentazione idrica è da tutelare in quanto, ormai scomparsi dappertutto, appartengono al patrimonio storico-culturale della comunità.
- Il PPAE prevede nell’area perimetrata estesi affioramenti di Scaglia Rossa, con inclusi evidenti ambiti di tutela riferiti ai Crinali di II Classe, come stabilito dal PPAR.
Le Norme Tecniche di Attuazione (elaborato c, pag 12/38), riprendendo il PRAE riconosce alla formazione della Scaglia Rossa la possibilità di esenzione per i soli crinali di III Classe. Allo stato attuale, il Comune di Arcevia non risulta dotato di PRG adeguato al PPAR, per cui valgono le previsioni di vincolo previste dallo stesso PPAR, per quanto attiene ai Crinali di II Classe, quali ad esempio, nel caso specifico: Sasso del Diavolo – Col di Marmi – Brignone; Sant’ Angelo – S.M. Grazie. Anche queste indicazioni devono essere chiaramente individuate dal PPAE per avere una chiara ed esauriente progettazione.
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OSSERVAZIONI DI CARATTERE TECNICO – LEGALE
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Per quanto attiene l’aspetto paesaggistico, nel senso di stretta legittimità, si osserva che tutto il Monte S. Angelo è oggetto di specifico vincolo attuato con D.M. Beni Culturali ed Ambientali del 31/7/1985 (G.U. n. 214 dell’11/9/1985) “Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona della Gola della Rossa, sita nei Comuni di Sassoferrato, Arcevia, Genga, Fabriano, Serra S. Quirico e Cerreto d’Esi”. La perimetrazione del sopraddetto D.M. comprende gran parte del territorio comunale di Arcevia e comunque Monte S. Angelo per intero. E’ il caso di segnalare che detto D.M. (c.d. Galassino) è tutt’ora pienamente vigente, atteso che il suo annullamento operato dalla sentenza del TAR Marche n. 359 del 17/8/1987, passata in giudicato, si è limitata alla parte attinente alla inedificabilità, lasciando integra e pienamente efficace la sua portata di vincolo paesaggistico, attuato in forza dei poteri ministeriali derivanti dall’art. 82 del DPR 616/1977. Da quanto sopra precisato, deriva che ogni opera che volesse intraprendersi nella zona di monte S. Angelo, come delimitata dal D.M. 31/7/1985, abbisogna della imprescindibile autorizzazione ex art. 7 L. n. 1497/39 e successive modifiche. Orbene, venendo al tema cave, quanto sopra non significa che su Monte S.Angelo non possa essere autorizzata l’apertura di una cava bensì che una cava potrà essere aperta previa valutazione di non incompatibilità con il vincolo paesaggistico, valutazione oggi di competenza Regionale, delegata, in questo caso, alle Province e da queste al Comune (di Arcevia). E’ d’obbligo osservare che il bacino estrattivo è di proporzioni tali da configgere a priori e “ab origine” con la tutela paesaggistica di Monte S. Angelo.
Si verifica cioè in radice una incompatibilità tra il programma di cave in questione e la tutela paesaggistica vigente.
Il problema, in definitiva, quanto alla tutela del paesaggio, non riguarda le singole Autorizzazioni all’apertura di cave, perché le stesse si riveleranno assolutamente impotenti, quanto alla possibilità di arginare l’effetto deleterio insito nel progetto di cava. Pertanto l’eventuale approvazione del PPAE, deliberato in data 26/7/2004, non può sfuggire al vizio macroscopico di illegittimità. Infine si vuole segnalare che, se in materia di cave l’art. 2 comma 1 lett. d) della L. n. 349 dell’8/7/1986, ha attribuito al Ministero dell’Ambiente le funzioni di protezione dei Beni paesaggistici vincolati, tuttavia tale competenza non è esclusiva, rimanendo comunque ad essa affiancata la competenza per la tutela paesaggistica già attribuita al Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali e quindi alle relative Soprintendenze Regionali. E’ intenzione dei sottoscrittori delle presenti OSSERVAZIONI informare dettagliatamente la Soprintendenza Regionale, tenuta all’oscuro di quanto si sta facendo per Monte S. Angelo, al fine di sollecitare ogni iniziativa, anche a livello giurisdizionale, per evitare lo scempio paesaggistico che si sta perpretando. Inoltre l’intervento di tutela della Soprintendenza regionale non può che avvenire alla fine dell’iter approvativo, bloccando i singoli progetti. Da parte degli imprenditori interessati verrebbero quindi a crearsi delle aspettative di impossibile realizzazione innescando una serie infinita di contenziosi. E’ compito dell’Amministrazione prov. risolvere questa situazione, stralciando il bacino estrattivo di Monte S. Angelo e tutelando le sue reali peculiarità paesaggistico-ambientali riconosciute con il D.M. 31/7/1985.
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OSSERVAZIONI DI CARATTERE AMBIENTALE
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Il D.M. sopraddetto tutela la nostra zona: “……perché, sia dal punto di vista geologico e naturale che dal punto di vista paesistico e panoramico, costituisce un insieme di non comune bellezza e particolare attrattiva….” Inoltre “…costituisce un quadro naturale di incomparabile bellezza per le caratteristiche alture con testimonianza di antiche costruzioni che attribuiscono alla località, oltre ad un indiscusso valore paesaggistico, un aspetto di valore estetico e tradizionale di primaria importanza……”. Ancora “….. l’elemento maggiormente caratterizzante è costituito dall’estrema omogeneità sia degli aspetti geomorfologici propri del suo territorio sia delle particolarità fitologiche e vegetazionali presenti….” “… Tale vegetazione riveste talvolta un elevatissimo interesse scientifico per l’estrema varietà e rarità di talune specie di cui queste stazioni rappresentano le uniche superstiti in tutta la penisola….”…..., ecc., ecc.,
- Il PPAE non tiene conto che l’intero Monte S. Angelo, interamente coincidente con il bacino estrattivo, costituisce una unità geologico-paesaggistico-ambientale di grande valore che sarebbe alterato da qualsiasi intervento della mano dell’uomo, con evidenti danni dal lato floristico e faunistico.
Nella Relazione Tecnico-illustrativa Generale (elaborato b) – punto 3.1 fra i divieti vengono elencate le aree floristiche, aree di rilevante interesse ai fini della biodiversità vegetazionale, boschi d’alto fusto originari, rimboschimenti realizzati con finananziamento pubblico. Ebbene Monte S. Angelo rappresenta un’area selvaggia scarsamente antropizzata, ormai molto rara nel nostro paese. E’ ricco di specie vegetali particolarmente preziose, come risulta nella Relazione Tecnico - Illustrativa generale. Caratteristici sono i suoi boschi d’alto fusto sia originari, sia realizzati con finanziamento pubblico, in particolare le sue pinete, le sue piante secolari. Grave sarebbe anche il danno per la fauna. Il carattere selvaggio ha favorito il riprodursi di parecchie specie animali che negli ultimi anni erano divenute molto rare, quali la lepre, il daino, il cinghiale. E’ ricomparsa l’istrice. Il perfetto equilibrio dell’ecositema ha favorito il diffondersi degli scoiattoli, che, attraggono molti ragazzi. Sono presenti tutti i tipi di uccelli, nidificanti e migranti, numerosi sono i rapaci. Numerosi sono gli uccelli silvani. Molto diffusi sono la beccaccia, il colombaccio, la poiana, la tortora, il picchio e la starna divenuta assai rara. Negli ultimi tempi sono stati osservati diversi esemplari di gheppio. La raccolta dei funghi, presenti in tutte le specie e in gran quantità, dei tartufi molto pregiati, degli asparagi, attrae moltissime persone. Non a caso nella fraz. Avacelli, ogni I maggio viene organizzata la Festa degli Asparagi. E nella fraz. Montefortino, in luglio viene organizzata la Sagra della Lumaca di monte, cibo ormai divenuto raro ma che conta tantissimi estimatori. Ecco come il Monte S. Angelo alimenta tante iniziative, tanta cultura, anche gastronomica, che verrebbero cancellate con la prevista coltivazione massiccia delle cave.
- Nella Relazione Tecnico-illustrativa Generale (elaborato b) – Criteri di individuazione dei Bacini Estrattivi (punto 6) si dice di tener conto di “…..ulteriori fattori ostativi… quali la visibilità da strade panoramiche, gli affioramenti di piccole dimensioni o circondati da aree di divieto e tutela, con oggettive difficoltà di accesso, o in zone marginali o con presenza di centro abitato; ………”
Questo non corrisponde al vero in quanto il bacino estrattivo, coincidente in toto con l’intero Monte S. Angelo, è ben visibile, per la geomorfologia sua e dell’intera zona anche oltre la nostra provincia (vedi foto negli Allegati P); ha aree di divieto e tutela largamente diffuse, la viabilità interna ed esterna è inesistente o inadeguata. Inoltre, come già detto, include molte abitazioni, centri abitati quali Costa, Montefortino, Brignone, S. Giorgio, importanti attività turistico-ricettive come il noto Ristorante “La Baita”, il complesso turistico in costruzione di Belfiore; lambisce frazioni quali Valle, S. Stefano, Caudino e Palazzo. Da queste stesse frazioni saranno ben visibili le aree di escavazione. Il bacino essendo posto per lo più in cima alla montagna è ben visibile a 360° tutto intorno e da ben lontano, potendosi godere dal monte delle viste stupende. Come già ricordato dalla cima e dai suoi versanti si può scorgere il Monte Titano, la cupola della Basilica di Loreto, il mare, e dall’altro lato il Monte Catria e gli Appennini.
Monte S. Angelo è situato in posizione centrale ed è il luogo più alto dell’intero territorio comunale e dell’intero comprensorio. Rappresenta lo sky-line da tutte le angolazioni, mentre è stupenda la vista dal castello di Piticchio dal quale appare come un enorme catino verde. E’ quindi più che evidente il danno delle cave, dovuto alla eccessiva visibilità. Questi luoghi sono pieni di strade panoramiche; il panorama sono le Marche stesse, l’alternarsi di colline verdi, di castelli, di campagne arate, di vigneti, di casolari sparsi. La strada panoramica, costruita appositamente negli anni ’60, per far meglio conoscere le bellezze di Monte S. Angelo, diverrebbe una strada di cantiere. Da essa, salendo dalla fraz. Costa fino alla cima, alla chiesa dell’Arcangelo S. Michele si hanno delle vedute stupende, nessuna parte del Monte può nascondersi alla vista. Dalla stessa strada si gode la vista più bella di Arcevia nella sua parte settentrionale (vedi All. P4), rimasta con le sue mura, le sue porte, le sue torri, le sue antiche case, intatta come quando fu edificata dai Franchi nel sec. VIII.
- Altro problema molto grave, per niente affrontato negli elaborati del PPAE, è quello delle polveri. E’ innegabile che un’attività di cava, all’aperto, generi delle polveri, causate dall’attività di scavo, di movimentazione dei materiali, dal trasporto, ecc. La collocazione poi del bacino sulla montagna più alta del comprensorio favorisce la loro ampia diffusione. Sicuramente aggrediranno i numerosi abitanti di Monte S. Angelo, le numerose residenze, le attività turistiche, i centri abitati, e non solo limitrofi od interni al bacino ma anche, portate dai venti, molto lontano.
I luoghi sono particolarmente ventosi; tipici sono i venti catabatici che spirano dall’alto verso il basso accelerando, per effetto “Venturi”, lungo le vallate. Particolarmente dannose per la salute sono queste tipologie di polveri di materiali molto duri, ricchi di silice, che causano ben note malattie. Sarebbe stato necessario effettuare uno studio preliminare circa la loro distribuzione sul territorio.
Altro problema di innegabile impatto sulla popolazione sarà quello dei rumori, dovuti al traffico eccessivo, alle macchine di cantiere, alle mine, alla movimentazione interna dei materiali, ecc. Questo aspetto, per niente toccato dal piano, provocherà gravi disagi in un’area così fortemente vissuta.
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OSSERVAZIONI SULLA VIABILITÁ
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Il PPAE nella Relazione Generale (pag. 116) dice ……in fase di elaborazione dei progetti sarà necessario valutare attentamente l’accesso all’area di cave ….”. Ponendosi solamente il problema della viabilità senza dare indicazioni concrete. Da un semplice calcolo, partendo dalla portata media dei camion normalmente utilizzati, si ha che per il trasporto di 100.000 mc/anno di materiali cavati sono necessari 90 passaggi/giorno di mezzi pesanti, considerando anche il traffico indotto. Essendo il fabbisogno provinciale dei materiali in oggetto pari a 450.000 mc/anno ne consegue un numero di transiti pari a circa 400 al giorno. E’ necessario evidenziare che le strade all’interno e all’esterno del bacino sono assolutamente inadeguate all’intenso traffico pesante, a causa della carenza della rete viaria sia dal punto di vista strutturale che organizzativo. Allo stato attuale il transito massimo dei mezzi pesanti nella zona vale 20-30 passaggi, immaginiamo quale disastro possa provocare aumentare il loro numero di circa 15 volte. La sicurezza stessa della viabilità ne è grandemente compromessa. Questi gravi problemi si rifletteranno in tutta la rete viaria oltre che nelle immediate vicinanze del bacino estrattivo. Il modesto traffico attuale rende già ingestibile e pericolosissimo il transito lungo due arterie importanti che collegano l’entroterra al mare: la SP “Arceviese” e la SP “Corinaldese”.
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OSSERVAZIONI DI CARATTERE ARCHEOLOGICO
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La L.R. 71/97 art. 6 c. 3, ripresa dal PPAE, prevede la tutela delle aree di interesse archeologico. L’intera zona di Monte S. Angelo ha testimonianze fin dall’antichità (vedi Allegati B). Importantissima è la necropoli gallica di Montefortino, risalente al IV-II sec. A.C., compresa in parte all’interno del bacino estrattivo. In questo luogo sono stati ritrovati i reperti più preziosi del Museo Archeologico delle Marche (oreficeria: corone auree e monili, bronzi, vasi, ceramiche). Questo sito archeologico è noto in tutto il mondo. Ha una valenza enorme, fra l’altro i reperti rinvenuti rappresentano le uniche testimonianze lasciate dalla civiltà celtica. Altre testimonianze altrettanto significative, ricadenti anch’esse all’interno del bacino estrattivo e sicuramente da tutelare sono le seguenti: il Santuario di Montefortino, l'abbazia di S. Angelo in Monte, la chiesa di S. Giorgio, la chiesa di S. Apollinare, la chiesa di S. Giovanni, la chiesa di S. Maria Immacolata, Castel del Monte, Chiesa di S. Anna. Di esse si riportano dei cenni tratti dagli scritti dello storico V. Villani nelle allegate “Notizie storiche”. Nella stessa tav. del PPAR (vedi All. C) l’area detta Sasso del Diavolo è segnalata come zona di ritrovamenti.
Secondo il recente D.L.vo n. 42/2004, i beni di carattere storico e monumentale, appartenenti ad Enti (anche ecclesiastici) sono vincolati. Inoltre da una corretta interpretazione della L. 1089/39, vengono vincolati non solamente i beni archeologici ma anche ciò che è in rapporto visuale con il bene tutelato.
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OSSERVAZIONI DI CARATTERE STORICO - CULTURALE
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La normativa regionale tutela i luoghi della memoria, la storia, le tradizioni. Il bacino estrattivo sicuramente andrà ad impattare negativamente anche su questi aspetti nell’intera area. L’anima di Monte S. Angelo è quella delle antiche popolazioni, piceni, poi galli, poi romani, poi longobardi, degli eremiti, dei monaci, dei contadini, dei pastori che lo hanno abitato, degli scontri durante la Resistenza, dei partigiani caduti. Le sue case, abbandonate da chi andava lontano a cercare una vita migliore, sono state riaperte da chi ora è alla ricerca di quiete, di natura, di posti incontaminati. Molte di queste dimore sono state restaurate e sono divenute splendide residenze, soprattutto di stranieri. Il Monte durante la 2° guerra, fu rifugio di partigiani e luogo di importanti azioni militari. E’ caro a tutti perché è stato il teatro di una dei più atroci fatti della Resistenza che va sotto il nome di “Eccidio di Monte S. Angelo”. Fu infatti rifugio del gruppo partigiano omonimo e luogo del più grande rastrellamento avvenuto nella regione durante la guerra di Liberazione. Il 4 maggio 1944 circa duemila soldati tedeschi delle SS presero d’assalto la vecchia casa colonica in cui il gruppo si era rifugiato, bombardandola e annientando facilmente la resistenza partigiana, uscita dalla battaglia con la morte di 37 volontari ed i componenti della famiglia colonica Mazzarini, fra cui una bambina di 6 anni. Il 2 giugno 1965 fu inaugurato il monumento ai caduti proprio davanti ai resti della casa colonica, erigendo un’alzabandiera, una lapide e un braciere nel quale sistemare un fuoco perenne. Il “luogo della memoria” è circondato da un recinto: lo spazio del ricordo è circoscritto e la funzione è evocativa degli avvenimenti che lì si sono svolti. Il monumento ai martiri partigiani di Monte S. Angelo è tra i più solenni luoghi di rimembranza della Resistenza marchigiana.
Nello stesso giorno, il 4 maggio 1944, nella frazione Montefortino, alle pendici del Monte, le stesse SS rastrellarono numerosi ragazzi, trucidandoli dopo averli torturati davanti alle loro famiglie. A ricordo fu eretto un cippo, con i nomi dei caduti, nel posto di questo secondo eccedio, nelle vicinaze del centro abitato Tutti i luoghi attorno al Monte furono teatro in quel periodo di scontri militari.
Monte S. Angelo per intero può quindi essere considerato “luogo della memoria” e non potrà in futuro essere trasformato nel “luogo delle cave”.
Per queste azioni al Comune di Arcevia è stata conferita la Medaglia di bronzo al valore militare. Recentemente lo scrittore Cesare Baldoni ha tratto ispirazione dall’eccidio nel romanzo storico di notevole successo “Il campo delle fragole”. Esiste una ricca bibliografia sui fatti descritti.
Monte S. Angelo rappresenta anche la tradizione religiosa della gente che lo abita. La Croce in ferro, eretta sopra l’antica chiesa, ne è la testimonianza tangibile. Essa fu trasportata “a spalle”, dai nostri antenati per gli impervi sentieri fino alla vetta, un secolo fa. Di questa antica devozione era traccia fino a pochi anni fa nella Festa dell’Ascensione. In quel giorno tutte le persone che abitavano le sue pendici, i paesi ed i castelli vicini, percorrevano all’alba i sentieri per darsi appuntamento nella chiesetta medievale dove assistevano alla Messa. Tutto il giorno si faceva poi festa sulla cima del Monte con pranzi, canti e balli. Sicuramente il salire nel punto più alto rappresentava nell’animo della gente l’essere più vicini al Cielo, proprio nel giorno dell’Ascensione. Religiosità e paura, Bene e Male si mischiano nell’immaginario della gente del posto che chiama infatti “Sasso del Diavolo” un dirupo di calcare situato nel punto più basso e suggestivo del Monte, che ora potrebbe diventare il centro del bacino estrattivo.
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DANNI AL TURISMO
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Negli ultimi anni in tutto il comprensorio, seguendo una tendenza che ha investito tutta l’Italia centrale, si è risvegliato un interesse turistico particolare. Numerose sono le residenze vacanziere di italiani e di stranieri, provenienti soprattutto dal nord Europa, attratti dalla bellezza dei luoghi, dalla natura, dalle tradizioni, dalla cultura, dall’arte, dalla storia, dai monumenti, dalle momorie, dalla ricercata enogastronomia. Particolarmente famosi sono divenuti i castelli che circondano il territorio comunale e la stessa Arcevia, rimasti integri dopo millenni di storia. Queste zone sono apparse sovente su quotidiani e riviste, nazionali e stranieri, come Bella Italia, Daily News, The New York Times, Corriere della Sera, ecc. Questo premia anche i molteplici investimenti ed iniziative attuate dalle Amministrazioni comunali, provinciali, regionali per incrementare il turismo nelle zone interne. La vocazione turistica del territorio arceviese è comunque molto antica. E’ una consuetudine molto diffusa ed una cospicua fonte di reddito, già molto tempo fa, affittare le proprie case ai turisti nel periodo estivo. Monte S. Angelo rappresenta il “cuore verde” , il cuore naturalistico dell’intero comune, posto in posizione baricentrica rispetto all’intero territorio, rappresenta di per sé una ricchezza che non può essere sottratta all’uso di quanti la stanno già godendo. Monte S. Angelo è frequentato dagli appassionati di trekking, di mountain bike, di equitazione, da gruppi di ciclisti che ne fanno una meta quotidiana. I molti che sono venuti per apprezzare la pace e la quiete, l’aria salubre, la bontà del clima, non possono essere condannati al traffico dei mezzi pesanti, ai rumori, alle polveri.
Queste terre rappresentano la tipicità del paesaggio marchigiano, l’alternarsi di colline e campagne verdi, la presenza discreta dell’uomo con i caratteristici casolari sparsi, i castelli e le chiese posti su ogni rilievo; esse devono essere tutelate e difese anche a livello locale come ha fatto il D.M. 31/7/1985 a livello statale. Molti parlano di “piccola Toscana” per definire questi luoghi. Le Marche sono la terra dei “Mille castelli”, del piccolo e bello, infinitamente diffuso sul territorio. Ogni centro è un gioiello di storia, arte, cultura. Nessuna regione ha queste caratteristiche. Sono sorte molteplici attività legate al turismo: ristoranti, agriturist, B&B, Country Club, rivendite di prodotti tipici quali miele, vino, salumi, ecc. Gli apicoltori molto presenti nella zona sfruttano la ricchezza floreale del monte per produzioni particolari quale il miele di acacia. La produzione dei nostri vigneti, posti alle sue pendici, hanno avuto recentemente i massimi riconoscimenti internazionali. Il danno che causerebbero le “cave” sotto questo aspetto sarebbe gravissimo. L’intero comprensorio, anche per la vicinanza degli altri bacini, sarebbe degradato irrimediabilmente. Non si può conciliare vocazione turistica, bellezze naturali ed attività di cava. Proprio in questi giorni un imprenditore turistico, sig. Pieter Vening, è venuto dall’Olanda attratto dalla bellezza dei posti e dalle iniziative intraprese dalle amministrazioni locali, ed ha acquistato una antica masseria, costituita da casa padronale, case coloniche, magazzini, cantine, mulino, in località Brignone (detto anche Belfiore). Il suo progetto, per milioni di euro, prevede la realizzazione di una attività turistico-ricettiva di grande pregio, che lancerebbe tutta la zona. Ora questa attività si trova all’interno della perimetrazione del bacino estrattivo.
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OSSERVAZIONI SULLE ESCLUSIONI
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Nei “fattori penalizzanti” e “di esclusione” relativi alla scelta dei bacini estrattivi (vedi Relazione Tecnico-Illustrativa generale – elaborato b), riguardo al bacino in oggetto, è necessario considerare i seguenti fattori, del resto utilizzati per altri bacini: – “confina con parco Gola della Rossa”, in quanto i limiti dello stesso sono stati spostati a ridosso di Monte S. Angelo (l’iter approvativo è allo stato finale); – “costituisce zona di ricarica per numerose sorgenti”, in quanto le opere di captazione delle acque sono utilizzate per l’alimentazione idrica del territorio di Arcevia e della Multiservizi.
In base a quanto esposto si rileva che, tenendo conto di tutte le limitazioni ed i divieti riscontrati, le effettive aree di cava, per il bacino di Monte S. Angelo, sono pressoché nulle.
Da ultimo, in riferimento alle OSSERVAZIONI fatte, in particolare per gli aspetti tecnico-legali, per la tutela delle falde idriche, per la tutela dei luoghi della memoria, per la non conformità al PTC, per i danni al turismo,
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si chiede lo STRALCIO del bacino estrattivo di Monte S. Angelo dal Piano delle Attività Estrattive della prov. di Ancona.
I sottoscritti si riservano di integrare e completare con ulteriore documentazione le presenti Osservazioni nelle successive fasi dell’iter approvativo del Piano Attività estrattive della prov. di Ancona.
COMITATO PER LA DIFESA DI MONTE SANT’ANGELO
Il COORDINATORE (G. Marcellini)
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